mercoledì 26 febbraio 2014

Doctor Google



Internet ci ha fatto scoprire tante cose. Una delle cose più importanti che abbiamo scoperto è che i nostri amici che all’apparenza ci sembrano normali e simpatici, in realtà sono dei cagacazzi virtuali allucinanti, che  spesso fanno la lagna su tutto e tutti o che fanno uscite improponibili tanto da farti chiedere “ma sono la stessa persona?”.

Altra cosa che internet ci offre è l’autodiagnosi, hai la gola in fiamme? Ti tremano le mani? Non capisci nulla? Il tuo medico di base Google ti fa anamnesi diagnosi e terapia in 0.02 secondi netti. “Ecco” direte voi “ ecco l’ennesimo pezzo sulla ipocondriaca che dice di aver trovato i sintomi del tumore su Google!”. Che ok è anche vero, ma dopo la 200sima volta che interrogo Google anche lui si è stancato e mi ha cacciato il seguente risultato di ricerca “Vero smettila con queste cagate esci che non hai nessuna malattia”. 



Quindi una volta che anche Google ha smesso di nutrire la mia ipocondria ho spostato la mia ricerca dai mali della vita all’occulto.

La mia ossessione non è più “ho mal di pancia! Ho la gastrite! Mi brucerà lo stomaco!”  ma è “Ho mal di pancia! Qualcuno mi ha fatto il malocchio! DEVO CAPIRE I SINTOMI DEL MALOCCHIO!”. Così sono entrata nel lato esoterico dell’Internet.  E come per  tutto, una cosa tira l’altra e mentre leggi i sintomi del malocchio ti cade lo sguardo su un altro topic “scricchiolii in casa” e poi “passi sulla soffitta” OMMIODDIO HO TUTTI QUESTI SINTOMI! 




Ti metti a leggere e capisci che potrebbe essere 1) un poltergeist 2) un’anima in pena 3) un troll 4) fantasmi assortiti.  Dato che furbescamente ho cominciato queste appassionanti ricerche la sera, ho passato tutta la notte con gli occhi sbarrati scambiando le fusa del gatto per il rantolo dell’angelo della morte.

Quando ho informato mia madre dei fantasmi in casa “Mamma sento i passi in soffitta! Siamo circondati!” Lei mi ha sorriso con nonchalance dicendo “Si si lo so” lasciandomi di sasso. Nemmeno due parole di biasimo nulla di nulla. Così ho imparato che qualsiasi cosa succeda devo far finta di nulla con nonchalace, infondo finche non cominciano a volare piatti e a cadere quadri VA TUTTO BENE.

martedì 25 febbraio 2014

Il dramma della foto tessera.



Se c’è una cosa che mi spaventa sopra ogni cosa, quella cosa è l’obbiettivo della macchina fotografica.  Però che ci vuoi fare, oramai nel nostro mondo sottrarsi alle foto è abbastanza impossibile, però  con l’effetto sfocato di INSTAGRAM e due filtri alla bruttoddio decenti BENE O MALE ci diventiamo tutti, e mezzo trauma è superato.


Ma purtroppo c’è sempre il momento il cui ti dovrai trovare davanti all’obbiettivo DURO E CRUDO.  Sono le cabine delle fototessere QUELLE INFAMI, per le foto dei DOCUMENTI.

Mi ricordo che da bamboccina ti dovevi fare la fototessera per andare in gita: davi la fototessera che poi andava a finire su un cartellino OSCENO  dove c’era scritto nome cognome classe e numero di telefono, così se ti perdevi i carabinieri ti tiravano subito giù i dati senza chiedere. 

                                                           (qui la cabina modello PDM= POSA DI MERDA)




La prima di cui ho ricordo è una fototessera per la gita di terza media in cui indosso un giubbino trapuntino GIALLO LIMONE. Giallo Limone. Poi tu non avresti voglia di denunciare tua madre per violenza psicologica? Come ti viene in mente di rivestirmi di giallo limone?.
 Vabbè comunque a quei tempi la fototessera funzionava che mettevi le 5milalire e avevi 4 scatti uno dietro l’altro, alla cieca e tra le 4 foto  ritagliavi la meno peggio e buona.

Poi è stato il turno della fototessera per la mia prima carta di identità.
 E devo dire che quella fu un raro caso di fortuna sfacciata. Questa fortuna sfacciata la pagai amaramente con la fototessera per il libretto di università. Una mia amica vedendola sentenziò “mi vergogno per te”. Il che determina il DISAGIO di quella fototessera.


Nella fototessera della patente invece mi sono dissolta nella luce. Si vedono i capelli neri (quelli del mio pseudoperiodo dark goth)  poco gli occhi e il resto è pura luce. Più che una cristiana sembro un cosplay di Voldemort  in tempi non sospetti.


Dieci anni di fototessere però mi hanno insegnato che nella cabina delle foto bisogna essere coraggiosi e preparate. Quindi il giorno prima si va dal parrucchiere, ci si trucca meglio che per il tuo matrimonio e si prende coraggio. Coraggio perché come si fa a non appellarsi al coraggio sovrumano quando entri in una cabina parlante che prima di ogni scatto ti fa il conto alla rovescia (3! 2! 1!) Manco Carlo Conti a Capodanno?  Prendi la tua foto.  E SQUILLINO LE TROMBE! Sei venuta anche discretamente figa. Non fighissima non gnocca ma diciamo che sei passabile. Tutta contenta le metti in borsa e il giorno dopo passi all’ufficio a farti fare i documenti. Ti prendono le foto dove sei carina e ti dicono “Queste non vanno bene devono essere a viso scoperto le devi rifare”. 




                                       (Le ultime due foto sono quelle con il fantasma formaggino) 

COME LE DEVO RIFARE? Sono venuta fashion! È mai possibile che l’unica fototessera  dove sono caruccia me la bocci “Si vada a rifarle ma si sbrighi che fra mezz’ora chiudiamo”. E allora cominci a correre disperata per cercare un’altra cabina, con i cabasisi che girano a velocità della luce. Trovi una cabina, ti metti su le mollette da casalinga disperata per tirati su la frangia e ti fai questo maledetto Selfie dove si vede tutto il tuo disagio per la vita.  Foto orribile. Torni dall’impiegato le  guarda e dice “Queste vanno bene!” e tu capisci che la burocrazia ti vuole cessa e brutta e capisci che tutte quelle che si sparano mille selfie su Instagram in realtà lo fanno solo per sublimare il loro trauma da fototessere, che sicuramente se su instagram sono belle, sulle loro fototessere sono brutte come la morte. Tiè!

lunedì 24 febbraio 2014

L'angolo della lettura- ZeroCalcare





ZeroCalcare è il nuovo fenomeno del fumetto italiano.  Primo e inamovibile sulla classifica di Amazon, amatissimo dai fan che fanno la fila fino alle 5 del mattino per avere un suo autografo. Incuriosita dal  fenomeno mi sono decisa a leggere i suoi lavori “La profezia dell’armadillo” “ Un polpo alla gola” e “ogni maledetto lunedì su due”.
Qui mi occuperò de “La profezia dell’armadillo”, la storia bene o male la conoscete tutti: una notte nella casella mail di ZeroCalcare, arriva la mail del padre di Camille una sua amica di Infanzia che lo informa che “Camille non ce l’ha fatta”.  Il libro parte da questo avvenimento e si sviluppa in due modi paralleli, in alcune tavole parte l’adolescenza di ZeroCalcare, i compagni di scuola il rapporto con Camille e gli amici e la sala giochi, tra queste tavole si inseriscono quelle in cui Calcare è adulto parla con i suoi amici e fa riflessioni sulla sua vita quotidiana sempre in compagnia della sua coscienza che prende la forma dell’ormai celebre armadillo; oltre all’armadillo ci sono mille riferimenti alla cultura Pop anni ‘80-’90 : i personaggi di Street Fighter e di guerre stellari che diventano “modelli da seguire e indicano la via” .


Il fumetto è divertente, Zerocalcare sa far ridere, ma ha anche una forza espressiva incredibile quando è il momento di far commuovere, due tavole tra cui quella finale lasciano un incredibile senso di malinconia. L’amore per Camille e l’elaborazione del lutto per la sua perdita non sono mai rese in modo stucchevole, non sono piene di quel romanticismo da Bacio perugina che tanto è caro ad alcuni scrittori italiani che pensano che per vendere e commuovere sia necessario far piangere. ZeroCalcare invece commuove col sorriso e questa è dote da pochi: con pochi tratti riesce a dire molto di più di molti altri.




Le opere di ZeroCalcare sono quindi piacevoli da leggere, ma perché hanno così tanto successo? Sono belle ma non sono capolavori! La forza di ZeroCalcare sta nell’aver dato volto e voce ad una generazione che per anni è stata accantonata da media e letteratura.  Se oramai si credeva che la maggior parte della popolazione fosse stata narcotizzata dalla retorica DefilippiDurso, dallo sbandieramento dei sentimenti come merce da bancarella ZeroCalcare ha fatto venire a galla tutte quelle persone che non si riconoscevano in questi schemi ma che vivono in modo differente: I nerd, gli appassionati di serie tv che si identificano con l’autore e i suoi drammi e che hanno nostalgia degli anni ’80. E queste persone stanno comprando in massa i suoi libri perché oggettivamente sono uno dei migliori prodotti editoriali di massa che l’Italia che scrive sta producendo in questo momento.