martedì 25 febbraio 2014

Il dramma della foto tessera.



Se c’è una cosa che mi spaventa sopra ogni cosa, quella cosa è l’obbiettivo della macchina fotografica.  Però che ci vuoi fare, oramai nel nostro mondo sottrarsi alle foto è abbastanza impossibile, però  con l’effetto sfocato di INSTAGRAM e due filtri alla bruttoddio decenti BENE O MALE ci diventiamo tutti, e mezzo trauma è superato.


Ma purtroppo c’è sempre il momento il cui ti dovrai trovare davanti all’obbiettivo DURO E CRUDO.  Sono le cabine delle fototessere QUELLE INFAMI, per le foto dei DOCUMENTI.

Mi ricordo che da bamboccina ti dovevi fare la fototessera per andare in gita: davi la fototessera che poi andava a finire su un cartellino OSCENO  dove c’era scritto nome cognome classe e numero di telefono, così se ti perdevi i carabinieri ti tiravano subito giù i dati senza chiedere. 

                                                           (qui la cabina modello PDM= POSA DI MERDA)




La prima di cui ho ricordo è una fototessera per la gita di terza media in cui indosso un giubbino trapuntino GIALLO LIMONE. Giallo Limone. Poi tu non avresti voglia di denunciare tua madre per violenza psicologica? Come ti viene in mente di rivestirmi di giallo limone?.
 Vabbè comunque a quei tempi la fototessera funzionava che mettevi le 5milalire e avevi 4 scatti uno dietro l’altro, alla cieca e tra le 4 foto  ritagliavi la meno peggio e buona.

Poi è stato il turno della fototessera per la mia prima carta di identità.
 E devo dire che quella fu un raro caso di fortuna sfacciata. Questa fortuna sfacciata la pagai amaramente con la fototessera per il libretto di università. Una mia amica vedendola sentenziò “mi vergogno per te”. Il che determina il DISAGIO di quella fototessera.


Nella fototessera della patente invece mi sono dissolta nella luce. Si vedono i capelli neri (quelli del mio pseudoperiodo dark goth)  poco gli occhi e il resto è pura luce. Più che una cristiana sembro un cosplay di Voldemort  in tempi non sospetti.


Dieci anni di fototessere però mi hanno insegnato che nella cabina delle foto bisogna essere coraggiosi e preparate. Quindi il giorno prima si va dal parrucchiere, ci si trucca meglio che per il tuo matrimonio e si prende coraggio. Coraggio perché come si fa a non appellarsi al coraggio sovrumano quando entri in una cabina parlante che prima di ogni scatto ti fa il conto alla rovescia (3! 2! 1!) Manco Carlo Conti a Capodanno?  Prendi la tua foto.  E SQUILLINO LE TROMBE! Sei venuta anche discretamente figa. Non fighissima non gnocca ma diciamo che sei passabile. Tutta contenta le metti in borsa e il giorno dopo passi all’ufficio a farti fare i documenti. Ti prendono le foto dove sei carina e ti dicono “Queste non vanno bene devono essere a viso scoperto le devi rifare”. 




                                       (Le ultime due foto sono quelle con il fantasma formaggino) 

COME LE DEVO RIFARE? Sono venuta fashion! È mai possibile che l’unica fototessera  dove sono caruccia me la bocci “Si vada a rifarle ma si sbrighi che fra mezz’ora chiudiamo”. E allora cominci a correre disperata per cercare un’altra cabina, con i cabasisi che girano a velocità della luce. Trovi una cabina, ti metti su le mollette da casalinga disperata per tirati su la frangia e ti fai questo maledetto Selfie dove si vede tutto il tuo disagio per la vita.  Foto orribile. Torni dall’impiegato le  guarda e dice “Queste vanno bene!” e tu capisci che la burocrazia ti vuole cessa e brutta e capisci che tutte quelle che si sparano mille selfie su Instagram in realtà lo fanno solo per sublimare il loro trauma da fototessere, che sicuramente se su instagram sono belle, sulle loro fototessere sono brutte come la morte. Tiè!

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