Se c’è una cosa che mi spaventa sopra ogni cosa, quella cosa
è l’obbiettivo della macchina fotografica.
Però che ci vuoi fare, oramai nel nostro mondo sottrarsi alle foto è
abbastanza impossibile, però con l’effetto
sfocato di INSTAGRAM e due filtri alla bruttoddio decenti BENE O MALE ci
diventiamo tutti, e mezzo trauma è superato.
Ma purtroppo c’è sempre il momento il cui ti dovrai trovare
davanti all’obbiettivo DURO E CRUDO.
Sono le cabine delle fototessere QUELLE INFAMI, per le foto dei
DOCUMENTI.
Mi ricordo che da bamboccina ti dovevi fare la fototessera
per andare in gita: davi la fototessera che poi andava a finire su un
cartellino OSCENO dove c’era scritto
nome cognome classe e numero di telefono, così se ti perdevi i carabinieri ti
tiravano subito giù i dati senza chiedere.
(qui la cabina modello PDM= POSA DI MERDA)
La prima di cui ho ricordo è una fototessera per la gita di
terza media in cui indosso un giubbino trapuntino GIALLO LIMONE. Giallo Limone.
Poi tu non avresti voglia di denunciare tua madre per violenza psicologica?
Come ti viene in mente di rivestirmi di giallo limone?.
Vabbè comunque a quei
tempi la fototessera funzionava che mettevi le 5milalire e avevi 4 scatti uno
dietro l’altro, alla cieca e tra le 4 foto ritagliavi la meno peggio e buona.
Poi è stato il turno della fototessera per la mia prima
carta di identità.
E devo dire che quella fu un raro caso di fortuna sfacciata.
Questa fortuna sfacciata la pagai amaramente con la fototessera per il libretto
di università. Una mia amica vedendola sentenziò “mi vergogno per te”. Il che
determina il DISAGIO di quella fototessera.
Nella fototessera della patente invece mi sono dissolta
nella luce. Si vedono i capelli neri (quelli del mio pseudoperiodo dark
goth) poco gli occhi e il resto è pura
luce. Più che una cristiana sembro un cosplay di Voldemort in tempi non sospetti.
Dieci anni di fototessere però mi hanno insegnato che nella
cabina delle foto bisogna essere coraggiosi e preparate. Quindi il giorno prima
si va dal parrucchiere, ci si trucca meglio che per il tuo matrimonio e si
prende coraggio. Coraggio perché come si fa a non appellarsi al coraggio
sovrumano quando entri in una cabina parlante che prima di ogni scatto ti fa il
conto alla rovescia (3! 2! 1!) Manco Carlo Conti a Capodanno? Prendi la tua foto. E SQUILLINO LE TROMBE! Sei venuta anche
discretamente figa. Non fighissima non gnocca ma diciamo che sei passabile.
Tutta contenta le metti in borsa e il giorno dopo passi all’ufficio a farti
fare i documenti. Ti prendono le foto dove sei carina e ti dicono “Queste non
vanno bene devono essere a viso scoperto le devi rifare”.
(Le ultime due foto sono quelle con il fantasma formaggino)
COME LE DEVO RIFARE?
Sono venuta fashion! È mai possibile che l’unica fototessera dove sono caruccia me la bocci “Si vada a
rifarle ma si sbrighi che fra mezz’ora chiudiamo”. E allora cominci a correre
disperata per cercare un’altra cabina, con i cabasisi che girano a velocità
della luce. Trovi una cabina, ti metti su le mollette da casalinga disperata
per tirati su la frangia e ti fai questo maledetto Selfie dove si vede tutto il
tuo disagio per la vita. Foto orribile.
Torni dall’impiegato le guarda e dice “Queste
vanno bene!” e tu capisci che la burocrazia ti vuole cessa e brutta e capisci
che tutte quelle che si sparano mille selfie su Instagram in realtà lo fanno
solo per sublimare il loro trauma da fototessere, che sicuramente se su
instagram sono belle, sulle loro fototessere sono brutte come la morte. Tiè!
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