giovedì 21 agosto 2014

il 12 settembre ascolano. Riflessioni.



Due giorni fa, era una calda giornata di Agosto, chi al mare, chi rientrato dal lavoro, chi in montagna. I momenti topici dell'estate erano già passati e con lentezza pareva che il carro dei giorni tutti uguali dovesse portare placidamente alla fine dell'estate.

Poi qualcosa si è interrotto alle quattro di pomeriggio. Due aereoplani, veloci, lanciati l'uno contro l'altro ad abbracciare il proprio destino.

La fusoliera che si accartoccia, il fuoco la temperatura che sale e  avvolge i corpi di chi, per senso del dovere o per onore ha allontanato lo schianto da persone che non conoscevano per salvarle, ha consegnato ad altri la vita offrendo la loro vita. Due secondi e mezzo occorrono per essere catapultati fuori dall'aereo in fiamme, ma due secondi forse sono stati necessari ad andare più lontano possibile.


 Lo scoppio sopra la testa e il fumo lontano davanti agli occhi. Sono 60 anni che gli scoppi per noi e le esplosioni sono riconducibili solo ai fuochi d'artificio e ai momenti di festa, mentre  quotidianamente la guerra passa sopra le nostre teste per deflagrare lontano, altrove.

Il male non ci ha toccato la carne ma la coscienza non è rimasta immune. Una pace che per tanto tempo ci ha viziati, avvolti i una morbida bambagia, e che da molti anni fa sfogare i nostri istinti sanguinolenti con le sofisticate realtà virtuali che traboccano dal nostro TV LCD ultimo modello. Giochiamo alla guerra ma la temiamo, la esaltiamo e la acclamiamo ma a casa degli altri.

Mentre altrove le esplosioni sono all'ordine del giorno, nel nostro mondo uno schianto non stabilito ci scuote. E allora è tutto un dire che noi qui le esercitazioni non le vogliamo e che è stato un miracolo se ci siamo salvati.

Dopo il terrore viene il dolore dopo il dolore l'elaborazione del lutto, la razionalità sopra quel sentimento che è pura irrazionalità. Infine viene il peggio.

Il male del nostro tempo non è la guerra. Quella è il male di tutti i tempi.
Non è la crisi, il male del nostro tempo, quella si supera se si mettono insieme gli sforzi. Il male del nostro tempo è il cinismo.
Il dolore e la rabbia non hanno fatto in tempo a passare che subito sono cominciate le battute, si ricerca il mot d'esprit per sdrammatizzare, per ridurre a scherzo  quello che dovrebbe essere detto e pensato a lungo, si ingrassano i guitti da due soldi, i comici da bar, i virtuosi del tweet scorretto.

Ma da questi clown dalla lingua velenosa sappiamo difenderci, li emarginiamo e li ridicolizziamo con le loro battute. 

Ma c'è un'altra forma di cinismo più sottile, che non salta all'occhio, è quel cinismo che vuole distogliere il nostro sguardo, formato da quelle persone che invece di motrarci la luna puntano la nostra attenzione sul dito.

Sono quelle persone che invece di raccogliere la nostra paura e canalizzarla la distolgono, quelli che dicono che se ci siamo salvati, che se siamo vivi non è merito di un addestramento militare eccellente, di un senso del sacrificio, di amor patrio e di onore, non è merito di quattro morti, ma merito di una mano Santa. Queste persone che in cambio del loro silenzio assenso ci mettono una benda sugli occhi perchè poi la loro ricompensa si troverà lontano e non nell'alto dei cieli ma in uno scranno ben più materiale.

Per carità, ognuno di noi in cuor suo ha ringraziato chi è oltre di noi, in tanti volgendo gli occhi al cielo ha guardato il cielo azzurro sopra l'esplosione e ha ringraziato, ma prima ringrazio chi ha anteposto la mia vita alla sua, la nostra alla loro.

Loro ringrazio.




venerdì 15 agosto 2014

Breve analisi sull'interazione social della notte dei desideri

giornali locali, hanno dato grande risalto alla notte bianca e alla grande affluenza registrata. Qui però prendiamo in esame la risonanza che questo evento ha avuto sui vari Social Network. La ricerca è stata scolta 5 giorni dopo l'evento. Questo per permettere di indicizzare tutti gli interventi che si sono registrati anche nei giorni successivi all'evento, inoltre spesso le foto scattate vengono caricate qualche giorno dopo,  su instagram e twitter. Quindi per permettere a tutti di caricare fot e video e raccogliere quanti più utenti possibil, si è deciso di aspettare qualche giorno.

Partiamo con una analisi molto semplificata e comprensibile a tutti.

Primo Social network analizzato è Instagr.am.


Instagram è un social network, acquisito da Facebook lo scorso anno in cui vengono caricate delle foto da utenti in maggior parte in condivisione pubblica.  Le foto sono raggruppate e indicizzate mediante gli hashtag (#). Ora cercando l'hashtag "nottedeidesideri" troviamo un considerevole numero di fotografie, purtroppo però solo 5-6 sono riconducibili alla notte dei desideri ascolana, e sono principalmente foto che ritraggono persone e non l'evento.
Non va meglio se cerchiamo con la chiave di ricerca "nottebiancaascoli" e nemmeno "nottebiancaascolipiceno".
i risultati sono pochi e in genere non conformi alle aspettative.





Secondo Social Network analizzato è Twitter.  Su Twitter ho cercato  su twitter l'hashtag "nottedeidesideri" ha pochi riscontri nell'evento ascolano, si registra però un buon numero di tweet realtivi all'evento del teatroValleOccupato.
Non va meglio nemmeno l'hashtag "nottebiancaap" che poteva ricondurre alla serata del 10 agosto.





Va meglio su Facebook. Anche su Facebook da si possono utilizzare gli hashtag, e di conseguenza raggruppare gli argomenti e i temi. Tuttavia la ricerca per hashtag indicizza i risultati dei nostri amici (o di chi ha gli status in condivisione pubblica) e delle pagine.
Qui con sorpresa ho notato che ci sono parecchi post, sopratutto da alcune pagine di negozi e botteghe artigiane che con l'hashtag "nottedeidesideri" hanno pubblicizzato l'apertura straordinaria e gli eventi.


Oltre alla semplice ricerca per hashtag ho anche analizzato le risposte dei vari gruppi di Ascoli Piceno su Facebook, in particolare il gruppo "sei di Ascoli Piceno se..." ha registrato alcuni post con un notevole numero di risposte sul tema della notte bianca. Quindi nei gruppi dove l'interazione è forte, notiamo che c'è sempre molto coinvolgimento sui temi cittadini.


Da questo piccolo resoconto possiamo tirare alcune somme:
1) Chi è realmente interessato e chi si aspetta un ritorno economico dalle iniziative cercherà di comunicare anche tramite hashtag cosa farà e le iniziative ad esso connesse.

2) Il social Network più usato rimane Facebook, ma si deve trovare il modo di coinvolgere anche Twitter e Instagram.

3) Nonostante la maggiorparte delle persone abbia una connessione dati sul telefono e sappia usare i social network,  le persone vanno invogliate e convogliate a twittare/condividere determinati hashtag con coscienza.

Incanalare il flusso dei post è difficile, ma non impossibile. Certo non si può pensare che basti scrivere su un cartellone #lanottedeidesideri per avere un riscontro social, ma si deve usare qualche mezzo in più.

nel Museo "claiming space" di Vancounver è apparso questo cartello




In soldoni si dice: "ti piace fare foto? Ci piacerebbe vederle. " corredato con i loghi dei social network più famosi e con l'invito a condividerli su facebook twitter e Instagram, con tanto di hashtag correlato. Si potrebbe quindi usare questo tipo di comunicazione nei posti più caratteristici per fare in modo che chi fotografa, si senta stimolato a condividere, nel modo in cui noi vorremmo.


martedì 29 luglio 2014

La notte bianca di Ascoli Piceno e l’incapacità Social




Ascoli Piceno è una città meravigliosa, lo sappiamo tutti. Una perla di travertino che nel raggio di pochi km abbraccia mari e monti.  Tuttavia l’immagine  di Ascoli non è riuscita mai ad imporsi a livello nazionale come altri paesi e cittadine magari meno belle.

Il Demerito è tutto di una amministrazione incapace e paesana.  Questo senza togliere nulla alla saggezza contadina s’intende, ma il paesanismo è evidente quando si analizza la strategia social e di promozione della città.
Innanzitutto ancora si punta al personaggione di spicco, all’attorone famoso che tutti conoscono, per racimolare un briciolo di popolarità riflessa. Questi personaggi però ovviamente,vogliono essere pagati profumatamente, per questo motivo occorre uno sforzo collettivo della Regione da più parti per sopperire alla richiesta economica.
Questo vuol dire che la città beneficiaria non sarà solo una, ma una costellazione di centri distanti tra di loro. Le pubblicità non sono mirate ma sparpagliate, ma si sa c’è crisi e l’unione fa la forza.



Detto ciò parliamo della sponsorizzazione dei piccoli eventi, e in particolar modo della notte bianca di Ascoli. Innanzitutto il primo sbaglio è il continuo cambiare nome alla notte bianca
Prima era “notte bianca” poi, se non sbaglio “la Notte di S. Lorenzo” per due anni è stata “La notte dei colori” ora è “la notte dei desideri”.


Sempre lo stesso giorno dell’anno (il 10 agosto)ma senza un nome stabile. Ora, non ha senso cambiare nome ad un evento che è fondamentalmente “la notte bianca” 5 volte nel giro di dieci anni, si genera solo confusione, a Rimini sono anni che c’è solo “la notte rosa” che poi si è estesa a tutta la Romagna . Se tu vuoi fare un evento che sia riconoscibile e si identifichi con la città, devi puntare sul nome (nomen omen) e poi essere costante nella promozione.
Il mondo è social, Ascoli non lo è, e la notte bianca-colorata-desiderata  è quanto di più anti-social esista.

Consideriamo il discorso indicizzazione e riconoscibilità web.  Il social che più da il termometro degli eventi è Twitter.  Su Twitter è importante che un argomento vada in Trending Topic, ossia un argomento di discussione a livello nazionale.  Ora per essere trending topic un argomento deve essere trainato da un hashtag ( # ) che renda l’argomento riconoscibile.
Su Twitter ci sono dei limiti, ossia una frase, o una opinione non può superare i 140 caratteri. Ora un ashtag #lanottedeidesideri  mangia già una ventina di caratteri ( pensate all'evento #maremoto.. sono 9) , quindi  con i 110 restanti è difficile scrivere una frase  di senso compiuto. L’ashtag è lungo da scrivere e in pochi hanno voglia di twittare cose lunghe (anche se con i moderni telefoni c’è il riempimento automatico).
Seconda cosa: l’immagine di riferimento cambia ogni anno. Se già il nome che cambia è penalizzante, anche non aver una immagine fissa lo è. In una società che vive di immagini non avere una immagine di riferimento è controproducente. Se io ogni anno vedo gli stessi manifesti, dopo più di 10 anni so che ad una determinata immagine corrisponde un evento. Cambio nome + cambio immagine = confusione.
Inoltre l’immagine di quest’anno sebbene molto poetica, non richiama il concetto di notte bianca, sì il fiore di tarassaco in genere è quello che si soffia per esprimere un desiderio, ma si soffia di giorno, in genere la notte di San Lorenzo, si guardano le stelle e questo cambiamento di topos fa pensare più ad un evento diurno che notturno.

Terzo errore: nella cultura POP “ La notte dei desideri” è una canzone di Jovanotti molto famosa. Troppo famosa.  Quindi leggendo “la notte dei desideri” si può pensare che gli organizzatori cerchino di vivere ancora una volta di fama riflessa,  inoltre questo non è un evento mediatico così importante da imporsi nell’immaginario comune  sopra la canzone famosa, e infine  su internet chi fa ricerca (tramite hashtag su instagram e su Twitter)  su “la notte dei desideri “ troverà subito i risultati di Jovanotti e pochi sulla notte bianca.




Ad Ascoli non ci sono influencer: persone normali  che con i loro post su internet orientano le scelte dei cittadini, quindi se non possono essere usati i blogger, tutta la promozione può essere affidata al Comune, e la promozione del Comune sul piano social è inesistente. A 10 giorni dalla notte dei desideri non c’è stato nessun post sponsorizzato, nessun trailer, nessun teaser, nessuna promozione virale.  Chi si è occupato dell’evento sui Social  ha fatto così: si è messo sulla riva del lago, ha tirato un sasso piatto e spera che il sasso faccia più rimbalzi possibile.
In pratica, ha fatto promozione classica, ma lasciando tutto alla buona volontà di pochi che magari (si spera) faranno rimbalzare la notizia.

Questo atteggiamento non è positivo, non porta a nulla di concreto, ed è indice di provincialismo e scarsa competenza e organizzazione. Speriamo che nonostante il disastro di comunicazione, si riesca a godere di una buona performance a livello di numeri. Per l’analisi sull’impatto on line staremo a vedere.

mercoledì 26 febbraio 2014

Doctor Google



Internet ci ha fatto scoprire tante cose. Una delle cose più importanti che abbiamo scoperto è che i nostri amici che all’apparenza ci sembrano normali e simpatici, in realtà sono dei cagacazzi virtuali allucinanti, che  spesso fanno la lagna su tutto e tutti o che fanno uscite improponibili tanto da farti chiedere “ma sono la stessa persona?”.

Altra cosa che internet ci offre è l’autodiagnosi, hai la gola in fiamme? Ti tremano le mani? Non capisci nulla? Il tuo medico di base Google ti fa anamnesi diagnosi e terapia in 0.02 secondi netti. “Ecco” direte voi “ ecco l’ennesimo pezzo sulla ipocondriaca che dice di aver trovato i sintomi del tumore su Google!”. Che ok è anche vero, ma dopo la 200sima volta che interrogo Google anche lui si è stancato e mi ha cacciato il seguente risultato di ricerca “Vero smettila con queste cagate esci che non hai nessuna malattia”. 



Quindi una volta che anche Google ha smesso di nutrire la mia ipocondria ho spostato la mia ricerca dai mali della vita all’occulto.

La mia ossessione non è più “ho mal di pancia! Ho la gastrite! Mi brucerà lo stomaco!”  ma è “Ho mal di pancia! Qualcuno mi ha fatto il malocchio! DEVO CAPIRE I SINTOMI DEL MALOCCHIO!”. Così sono entrata nel lato esoterico dell’Internet.  E come per  tutto, una cosa tira l’altra e mentre leggi i sintomi del malocchio ti cade lo sguardo su un altro topic “scricchiolii in casa” e poi “passi sulla soffitta” OMMIODDIO HO TUTTI QUESTI SINTOMI! 




Ti metti a leggere e capisci che potrebbe essere 1) un poltergeist 2) un’anima in pena 3) un troll 4) fantasmi assortiti.  Dato che furbescamente ho cominciato queste appassionanti ricerche la sera, ho passato tutta la notte con gli occhi sbarrati scambiando le fusa del gatto per il rantolo dell’angelo della morte.

Quando ho informato mia madre dei fantasmi in casa “Mamma sento i passi in soffitta! Siamo circondati!” Lei mi ha sorriso con nonchalance dicendo “Si si lo so” lasciandomi di sasso. Nemmeno due parole di biasimo nulla di nulla. Così ho imparato che qualsiasi cosa succeda devo far finta di nulla con nonchalace, infondo finche non cominciano a volare piatti e a cadere quadri VA TUTTO BENE.

martedì 25 febbraio 2014

Il dramma della foto tessera.



Se c’è una cosa che mi spaventa sopra ogni cosa, quella cosa è l’obbiettivo della macchina fotografica.  Però che ci vuoi fare, oramai nel nostro mondo sottrarsi alle foto è abbastanza impossibile, però  con l’effetto sfocato di INSTAGRAM e due filtri alla bruttoddio decenti BENE O MALE ci diventiamo tutti, e mezzo trauma è superato.


Ma purtroppo c’è sempre il momento il cui ti dovrai trovare davanti all’obbiettivo DURO E CRUDO.  Sono le cabine delle fototessere QUELLE INFAMI, per le foto dei DOCUMENTI.

Mi ricordo che da bamboccina ti dovevi fare la fototessera per andare in gita: davi la fototessera che poi andava a finire su un cartellino OSCENO  dove c’era scritto nome cognome classe e numero di telefono, così se ti perdevi i carabinieri ti tiravano subito giù i dati senza chiedere. 

                                                           (qui la cabina modello PDM= POSA DI MERDA)




La prima di cui ho ricordo è una fototessera per la gita di terza media in cui indosso un giubbino trapuntino GIALLO LIMONE. Giallo Limone. Poi tu non avresti voglia di denunciare tua madre per violenza psicologica? Come ti viene in mente di rivestirmi di giallo limone?.
 Vabbè comunque a quei tempi la fototessera funzionava che mettevi le 5milalire e avevi 4 scatti uno dietro l’altro, alla cieca e tra le 4 foto  ritagliavi la meno peggio e buona.

Poi è stato il turno della fototessera per la mia prima carta di identità.
 E devo dire che quella fu un raro caso di fortuna sfacciata. Questa fortuna sfacciata la pagai amaramente con la fototessera per il libretto di università. Una mia amica vedendola sentenziò “mi vergogno per te”. Il che determina il DISAGIO di quella fototessera.


Nella fototessera della patente invece mi sono dissolta nella luce. Si vedono i capelli neri (quelli del mio pseudoperiodo dark goth)  poco gli occhi e il resto è pura luce. Più che una cristiana sembro un cosplay di Voldemort  in tempi non sospetti.


Dieci anni di fototessere però mi hanno insegnato che nella cabina delle foto bisogna essere coraggiosi e preparate. Quindi il giorno prima si va dal parrucchiere, ci si trucca meglio che per il tuo matrimonio e si prende coraggio. Coraggio perché come si fa a non appellarsi al coraggio sovrumano quando entri in una cabina parlante che prima di ogni scatto ti fa il conto alla rovescia (3! 2! 1!) Manco Carlo Conti a Capodanno?  Prendi la tua foto.  E SQUILLINO LE TROMBE! Sei venuta anche discretamente figa. Non fighissima non gnocca ma diciamo che sei passabile. Tutta contenta le metti in borsa e il giorno dopo passi all’ufficio a farti fare i documenti. Ti prendono le foto dove sei carina e ti dicono “Queste non vanno bene devono essere a viso scoperto le devi rifare”. 




                                       (Le ultime due foto sono quelle con il fantasma formaggino) 

COME LE DEVO RIFARE? Sono venuta fashion! È mai possibile che l’unica fototessera  dove sono caruccia me la bocci “Si vada a rifarle ma si sbrighi che fra mezz’ora chiudiamo”. E allora cominci a correre disperata per cercare un’altra cabina, con i cabasisi che girano a velocità della luce. Trovi una cabina, ti metti su le mollette da casalinga disperata per tirati su la frangia e ti fai questo maledetto Selfie dove si vede tutto il tuo disagio per la vita.  Foto orribile. Torni dall’impiegato le  guarda e dice “Queste vanno bene!” e tu capisci che la burocrazia ti vuole cessa e brutta e capisci che tutte quelle che si sparano mille selfie su Instagram in realtà lo fanno solo per sublimare il loro trauma da fototessere, che sicuramente se su instagram sono belle, sulle loro fototessere sono brutte come la morte. Tiè!

lunedì 24 febbraio 2014

L'angolo della lettura- ZeroCalcare





ZeroCalcare è il nuovo fenomeno del fumetto italiano.  Primo e inamovibile sulla classifica di Amazon, amatissimo dai fan che fanno la fila fino alle 5 del mattino per avere un suo autografo. Incuriosita dal  fenomeno mi sono decisa a leggere i suoi lavori “La profezia dell’armadillo” “ Un polpo alla gola” e “ogni maledetto lunedì su due”.
Qui mi occuperò de “La profezia dell’armadillo”, la storia bene o male la conoscete tutti: una notte nella casella mail di ZeroCalcare, arriva la mail del padre di Camille una sua amica di Infanzia che lo informa che “Camille non ce l’ha fatta”.  Il libro parte da questo avvenimento e si sviluppa in due modi paralleli, in alcune tavole parte l’adolescenza di ZeroCalcare, i compagni di scuola il rapporto con Camille e gli amici e la sala giochi, tra queste tavole si inseriscono quelle in cui Calcare è adulto parla con i suoi amici e fa riflessioni sulla sua vita quotidiana sempre in compagnia della sua coscienza che prende la forma dell’ormai celebre armadillo; oltre all’armadillo ci sono mille riferimenti alla cultura Pop anni ‘80-’90 : i personaggi di Street Fighter e di guerre stellari che diventano “modelli da seguire e indicano la via” .


Il fumetto è divertente, Zerocalcare sa far ridere, ma ha anche una forza espressiva incredibile quando è il momento di far commuovere, due tavole tra cui quella finale lasciano un incredibile senso di malinconia. L’amore per Camille e l’elaborazione del lutto per la sua perdita non sono mai rese in modo stucchevole, non sono piene di quel romanticismo da Bacio perugina che tanto è caro ad alcuni scrittori italiani che pensano che per vendere e commuovere sia necessario far piangere. ZeroCalcare invece commuove col sorriso e questa è dote da pochi: con pochi tratti riesce a dire molto di più di molti altri.




Le opere di ZeroCalcare sono quindi piacevoli da leggere, ma perché hanno così tanto successo? Sono belle ma non sono capolavori! La forza di ZeroCalcare sta nell’aver dato volto e voce ad una generazione che per anni è stata accantonata da media e letteratura.  Se oramai si credeva che la maggior parte della popolazione fosse stata narcotizzata dalla retorica DefilippiDurso, dallo sbandieramento dei sentimenti come merce da bancarella ZeroCalcare ha fatto venire a galla tutte quelle persone che non si riconoscevano in questi schemi ma che vivono in modo differente: I nerd, gli appassionati di serie tv che si identificano con l’autore e i suoi drammi e che hanno nostalgia degli anni ’80. E queste persone stanno comprando in massa i suoi libri perché oggettivamente sono uno dei migliori prodotti editoriali di massa che l’Italia che scrive sta producendo in questo momento.